James Elson racconta la Barkley Marathons 2019

L’atleta britannico del Team La Sportiva racconta la sua esperienza alla Barkley Marathons, l’ultra race in autosufficienza più spettacolare al mondo.

James Elson racconta la Barkley Marathons 2019

James Elson, londinese di 37 anni, non è solo il direttore di gara per gli eventi Centurion Running nel Regno Unito, ma è esso stesso un ultra runner di incredibile talento nonché atleta del team La Sportiva / Lyon Equipment. Dopo aver viaggiato in tutto il mondo per conquistare alcune tra le Ultra Marathon più rinomate, per James il 2019 è stato l'anno in cui ha deciso di recarsi negli Stati Uniti per scoprire cosa significasse davvero correre la Barkley Marathons.

 

Testo di James Elson
Foto di Jack Atkinson

La Barkley è un evento davvero speciale, che si svolge ogni anno nel Frozen Head State Park, nel Sud-Est del Tennessee intorno alla prima settimana di aprile. Malgrado le sue 34 edizioni, è giusto ricordare che in tutti questi anni solo 15 persone sono riuscite nell’intento di portare a termine la gara. Com’è possibile? Diciamo che i numeri sono cosa rilevante non solo per quanto riguarda i finisher… I presunti loop di 5 x 20 miglia (32 km), ciascuno con circa 14.000 piedi (4300mt) di salita - e discesa- per un totale di 100 miglia con oltre 70.000piedi di dislivello che, nel sistema metrico decimale si traducono in 160km e oltre 21000 metri. Ogni loop ha un tetto di 12 ore per essere completato, al fine di concludere la gara sotto il limite totale di 60 ore.

Al di là della sfida fisica che da sola basterebbe a spaventare i runner più impavidi, c’è da dire che il percorso è in gran parte fuori pista. Il che significa attraversare un terreno estremamente difficile e venire a contatto con la flora del Frozen Head State Park, che in questo periodo dell'anno è prevalentemente secca, spinosa ed inospitale. Ma c’è dell’altro: la gara va svolta in totale autosufficienza. Una volta partiti i partecipanti non possono accettare alcun aiuto se non dagli altri corridori. Ognuno deve portare con sé ciò di cui avrà bisogno per sopravvivere ad un anello (e potenzialmente molto di più considerando l’alta probabilità di perdersi), la mappa e la bussola per orientarsi nei boschi. Nessuna attrezzatura elettronica è consentita, nessun telefono, nessun GPS e nessun orologio se non quello da 12 dollari che il direttore di gara consegna personalmente prima della partenza.

Come dice Gary “Lazarus Lake” Cantrell, questo è un test dell'uomo contro la natura selvaggia e nessun aiuto è previsto. “Dopotutto, cosa puoi aspettarti da una gara che ha un costo d’iscrizione pari a 1,60$”

La Barkley Marathons è da sempre avvolta nel mistero. Non dispone di sito web o canali social, tanto che persino iscriversi fa parte dell’impresa. E se dall’interno le informazioni sono nulle, anche dall’esterno è difficile carpirne i segreti in quanto ogni partecipante, o meglio “Barker”, si impegna a rispettare la ferrea regola di non condividere nulla rispetto le dinamiche della gara. Malgrado qualcosa negli anni sia scappato al silenzio imposto da Laz, quest'anno ho avuto la fortuna di trovarmi alla linea di partenza e imparare in prima persona cosa rende unica questa gara, questa community così forte qui e il Frozen Head State Park così speciale.

Quando ho scoperto di essere uno dei fortunati 40 partenti per il 2019, ho iniziato i preparativi nel Regno Unito seguendo un allenamento specifico. Cosa difficile da fare quando non si possono vedere immagini del percorso o avere una vera idea del terreno, e ancor più difficile se si vive nella pianeggiante Inghilterra centro-meridionale. Per entrare in condizione salivo e scendevo per brevi e ripide salite nel bosco di Wendover nel Buckinghamshire, sfruttandone il fianco occidentale che copre circa 300 piedi in 0,3 miglia. Nelle sessioni dedicate al dislivello, salivo e scendevo ripetutamente quell'area fino a 7 ore alla volta, registrando sessioni da 13 miglia con 10.000 piedi +/-. Un’uscita più consistente nel Lake District mi ha permesso di raggiungere i 100.000 piedi in 25 giorni che mi ero prefissato come blocco d’allenamento. Questo si è rivelato un allenamento adeguato, che mi ha consentito di presentarmi in Tennessee in una condizione fisica davvero buona.

Mi sono abituato ad uscire sul bagnato, scegliendo deliberatamente di allenarmi in giorni con cattive condizioni per testare fisico, mente e calzature. Ho provato in rotazione Mutant, Bushido II e Kaptiva, tutte in grado di offrire una grande presa sul terreno boscoso e buona stabilità, ma alla fine ho scelto le Mutant (non a caso gli ultimi due finisher e vincitori ufficiali della Barkley John Kelly e Jared Campbell sono atleti La Sportiva e hanno sempre indossato Mutant in gara). Mi sentivo davvero ben preparato.

Continuando con la lista di sfide che si incontrano quando si partecipa alla Barkley Marathons, troviamo la partenza. C'è una finestra di 12 ore durante la quale Laz, soffiando un guscio di conchiglia, annuncia con una sola ora di anticipo l’inizio ufficiale della gara. Quest’anno il segnale è arrivato alle 08:23, fissando quindi la partenza alle 09:23.
In quel momento, tutti si preparano davanti alla linea di partenza, un cancello che preclude l’accesso ad una strada forestale. Da lì, la sfida del primo anello inizia realmente, dovendo trovare i libri che Laz ha posto in giro per il percorso come punti di controllo non presidiati. Ogni corridore dovrà staccare la pagina corrispettiva al proprio numero di pettorale per assicurare il proprio passaggio lungo il percorso stabilito. Da questo punto di vista i veterani della corsa hanno un vantaggio significativo, in quanto molti dei piazzamenti dei libri rimangono gli stessi anno dopo anno rendendo più facile il loro ritrovamento. I nuovi partecipanti o Virgin's che quest'anno ammontavano a circa la metà dei presenti, spesso provano ad accodarsi ad un veterano per ottenere un vantaggio di navigazione. Inizialmente avevo pensato anch’io che sarebbe stato bello correre con John o Jared che conoscono il corso meglio di chiunque altro, ma la realtà è che entrambi corrono ad un ritmo davvero alto e sarei imploso a metà del primo giro se avessi cercato di tenergli il passo. Poi, volevo anche essere responsabile della mia stessa gara e non dipendere da altri.

Così ho iniziato la prima salita e mi sono assicurato di continuare a fare riferimento alla mappa, alla bussola e alle istruzioni scritte che ci erano state date. Durante la prima metà del giro, ho avuto modo di vedere alcune salite e discese incredibili, non ultima la nuova sezione aggiunta per quest'anno - il Meatgrinder. Correvo principalmente da solo, anche se a volte incontravo altri runners. Avvicinandomi alla metà del primo giro assieme a Steve Slaby, corridore della US 24hr, siamo stati raggiunti da un “returning runnerJodi Isenor, che è stato talmente gentile da proseguire con noi fino alla fine del giro, condividendo con noi la sua inestimabile conoscenza del percorso. È stato surreale scalare 'Rat Jaw' in mezzo ai rovi per raggiungere la Fire Tower, per attraversare poi i sotterranei del dismesso penitenziario di stato Brushy Mountain lungo il tunnel nero di pece impregnato d'acqua. È stato assurdo scalare il Leonards Butt Slide/ Fykes Peak, un out e back caratterizzato 1300 piedi di salita e poi discesa in una distanza di 0,3 miglia.
Ogni salita e ogni discesa ha un nome alla Barkley, e Jodi ci ha aiutato a mettere insieme i pezzi: Check Mate Hill, il Meatgrinder, Leonards Butt Slide, Little Hell, Rat Jaw, The Bad Thing, Zipline, Big Hell.

Il percorso è riuscito a darmi tutto quel che speravo e ancor più nelle 10.5 ore che mi ci sono volute per completare il primo giro. Sono state probabilmente le ore più memorabili della mia vita da runner, perché mentre correvo tutto si intensificava e non m’importava nemmeno di essermi dimenticato l'orologio che Laz ci aveva dato, semplicemente non sapevo e non mi importava di nient'altro che andare il più veloce possibile senza commettere errori. Durante la navigazione del primo loop non ce ne sono stati, e nella salita finale su Big Hell siamo stati raggiunti da Jared Campbell, il solo nella storia ad aver concluso la gara tre volte. Jared si era infortunato alla caviglia durante la prima discesa, ma si era trascinato lungo il percorso utilizzando i suoi bastoncini come stampelle per riuscire a fare almeno un giro completo. Condividere con lui anche solo un tratto di percorso e ascoltarlo raccontare alcune storie è stato un sogno che si è avverato.

Per riuscire ripartire per il secondo loop con il poco tempo a disposizione era necessaria una rapida transizione. La mia crew composta da Drew Sheffield e Jack Atkinson lo ha reso possibile, anche se sembra pazzesco parlare di gruppo di supporto quando si hanno a disposizione dieci minuti ogni mezza giornata. Sono partito per il secondo giro con Steve Slaby e Paul Giblin, un grande corridore scozzese che ha chiuso la WSER in top ten negli ultimi quattro anni. Siamo stati raggiunti da Gavin Woody, canadese, e abbiamo trovato poi il francese Remy Jegard che si era perso, malgrado le sue quattro volte a Barkley. Mentre navigavamo sospesi da qualche parte tra il primo e il secondo libro, siamo stati colti alla sprovvista da un temporale pazzesco. Visto che il clima era stato mite, se non addirittura caldo, per tutto il giorno eravamo in gran parte preparati con attrezzatura leggera, mentre per come si era impostato il meteo, le condizioni richiedevano un'attrezzatura da montagna completa. Nel giro di un'ora, con le temperature drasticamente calate e la pioggia che non sembrava voler smettere, le mie mani sono diventate rapidamente inutili e la possibilità di un incidente su un terreno così severo aumentavano ad ogni passo.
Mi sono fermato, anche se non ero sicuro al 100% rispetto la decisione “giusta” da prendere in quel momento. Quando però mi sono girato e ho iniziato a navigare di nuovo al campo, mi è sembrata la scelta migliore. La pioggia si è presto trasformata in nevischio e la nebbia si è abbassata al punto da rendere impossibile vedere ad un metro di distanza. Tornati al campo, io e Remy abbiamo trovato Laz ad accoglierci con pacche sulle spalle e parole di conforto. Sembrava una sconfitta.
Il tempo non era stato insolito, o particolarmente brutto per Frozen Head, ma probabilmente si è dimostrato sufficientemente inclemente per chi lo ha affrontato in gara per la prima volta. Il gruppo di cinque che si era formato per il secondo giro secondo giro, è tornato alla base nel giro di poche ore.

Dei 40 partenti, in 28 sono riusciti a stare sotto il tetto orario previsto per il primo giro, 22 dei quali sono riusciti a passare al loop 2. Solo 6 corridori hanno concluso il secondo giro, riuscendo inoltre a firmare un “legal Fun Run” - il nome dato ai corridori che completano 3 giri in meno di 40 ore.
Solo in due sono partiti alla volta del quarto giro, ma non lo hanno portato a termine. Come nel 2018, la gara del 2019 non ha avuto finisher.

 

Gran parte di questa storia potrebbe sembrare una follia. Alcuni probabilmente metteranno in discussione la ragion d’essere di una gara che sembra pensata per non avere finisher in oltre la metà delle sue edizioni. Ma come dice il veterano David Horton, “il motivo sta proprio lì, nel suo essere al limite del possibile.”

Perché qualcuno può farcela e ce la farà ancora a finire questa corsa. Qualcuno con la condizione fisica perfetta, pronto ad affondare le ginocchia nelle peggiori condizioni di gara per giorni e giorni, qualcuno guidato dalla profonda necessità di finire. Ma non solo.
Perché è necessario essere qualcosa in più di un atleta incredibile e di un navigatore competente al tempo stesso per farcela. Per essere autosufficiente, per gestire la privazione estrema del sonno ed essere in grado di concentrarti quando il cervello continua ad urlare di fermarti. Per continuare senza perderti, o per lo meno senza perdere la testa mentre ci provi. Bisogna essere qualcosa di più, al limite del possibile, per essere in grado di affrontare il puzzle che è la Barkley Marathons.

Una cosa è certa, questa gara ti passa sotto la pelle e il senso di appartenenza alla community del mondo running non è paragonabile a quello di nessun’altro evento a cui abbia mai preso parte. Nella speranza che questo, sia solo un arrivederci.

 

Gear:

La Sportiva Mutant
La Sportiva Rapid Short
La Sportiva Troposphere Base Layer (plus one spare)
La Sportiva Odyssey GTX Jacket
La Sportiva Blizzard Wind Proof
Drymaz Max Protection Trail Run Sock
3 x Gloves, 2 padded liner and 1 x Waterproof.
Naked Waist Band
UD Adventure Vest
Petzl Nao+ (Primary Lamp)
Petzl Reactik+ (Secondary Lamp)
Petzl Bindi (Back Up Lamp)
Black Diamond Z Poles
Suunto Compass x 2
Katadyn BeFree Fliter Flask
Survival Kit incl. Bivvy Bag, Spare Map, Med Kit, Whistle, Beanie

Fuel (one loop):
20 Gu Energy Gels
5 x Maurten 320 Energy Mix